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Comparse?

Attori inconsapevoli lasciano tracce indelebili sulla nostra anima, e poi scompaiono. Scelgono di scomparire, o chissà.
Vorrebbero essere dimenticati, probabilmente, come un attore detesta le proprie interpretazioni mal riuscite, così a loro non piace che venga ricordato quel pezzo di vita che hanno in comune con noi.

O magari, invece, sappiamo perfettamente (speriamo?) che, abbandonando in quell’istante, saremo per sempre ricordati, amati, temuti, derisi, sospirati. Accolti con un sorriso.

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Sapeva

Oggi sono felice, perché ho ritrovato i vecchi post di questo blog, che credevo di aver perso irrimediabilmente.
Ho trovato anche questa cosetta qui,  una bozza sperduta. Sarà la gioia del ritrovamento, sarà il periodo un po’ particolare, però mi ha colpito, e la voglio condividere.

~

Sapeva stare nelle tue mani, il gioco
di noi, sapeva volare in alto.
Galleggiare sul piccolo fiato
condensato davanti alla bocca.
Sapeva, nel buio, gioire.

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Cosa lieve

Forse baciati dalla luce del tramonto
trasfigurati come di questi alberi
le braccia nude levate al cielo,
rosse come la neve,
o aperti come di nuvole
spazi dorati da cui diffonde
giallo il suono;
anche i miei errori
sarebbero cosa lieve
da portarti in dono.

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Giornata di giugno

Lei aveva quei pantaloni marroni, di lino. E i sandali ai piedi. I capelli, neri, raccolti, e sul viso ancora poco sole, ma luminosa la bellezza sfrontata di chi crede in ciò che fa. Scese le scale a fatica, le stampelle ancora estranee, così distanti dal suo essere, così sbagliate in quel giorno caldo d’inizio estate. Entrò nell’automobile, sbuffando e ridendo della sua nuova goffaggine. Si aggiustò la maglietta, marrone anch’essa. Poi disse: «Andiamo», e non ci fu altro da aggiungere. Nient’altro se non la strada.
Durante il tragitto parlammo continuamente, concitati, nervosi un po’. Ricordo le sue mani, sempre leggere.
Non trovammo subito la casa, le indicazioni che avevo non erano precise, e il mio ricordo si era sbiadito. Un viottolo non asfaltato. Polvere -nessuno ti può togliere la tua razione di polvere, in una giornata così calda, e infine il portoncino d’ingresso. Suonai il campanello.

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Perché mi devo fermare.

La notte di settembre è diversa. Te ne accorgi subito e non è questione di temperatura, o umidità. Senti che ti stanno portando via qualcosa, forse proprio il cielo, quell’addio è più lontano, le risate si sfocano, passano sullo sfondo, la musica ti lascia pensare. Senti che fa meno male. Settembre. Settembre fa meno male. Una notte che arriva, un giorno che passa, il sole negli occhi, un bacio sulla bocca. Fanno meno male.

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Tu mi accompagni

Tu mi accompagni, mi tieni la mano
e il mondo si fa danza senza confini.

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Attesa

Faccio la guardia a questi schermi
immobili. Non ho fucile, ma un elmetto
di idee confuse. L’ombra dei tetti scivola
lenta. Ronzano sciami di parole
nelle orecchie, nelle mani, sotto il sole
di giornate tutte uguali.
Pesa la sua luce, indagatrice
fa ansimare anche il selciato.
Questi sassi su cui nessuno riposa.
Attraversa veloce la strada
un gatto nero come la sete
nero come il mio desiderio.

La vita che merita di essere vissuta
è quella che ti goccia dagli occhi
in lacrime di gioia.

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Sirena

Ieri mattina, guardando i tuoi occhi
ho pensato alle onde maestose
al fortunale da cui emergesti
creatura marina, rigata di sale.

Mentre il sole ti giocava fra i riccioli
e sulla pelle, palpitante di luce,
correvano impazziti i nostri minuti,
ho intravisto il temuto istante

in cui ti scuoterai dal torpore
e con un guizzo ricorderai
di appartenere all’oceano.

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XXVI

Siamo come bambini
passeggeri silenziosi
con la faccia schiacciata contro il finestrino
a guardare fuori
ci riempiamo gli occhi di velocità e di cielo
aspettando che la vita ci stupisca
di nuovo.

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XXIV

La tua bellezza non mi sfugge mai.
Sei come la libellula che azzurra
mi volteggia accanto, elegante
intoccabile.

Sulle tue labbra, dove sono incastonati
i miei desideri più puri;
sul tuo petto, dove suonano le mie mani
gli accordi più difficili;
tra i tuoi capelli, dove un dio beffardo
ha spezzettato e nascosto le parole che non riesco a dirti;
sul tuo profilo, di neve mai calpestata
vorrei trovare pace.

Ti muovi, sorgi e tramonti
attraversi il mio cielo
e il mio bisogno di te non conosce ombra.

Mi affaccio poi sulla tua notte, curioso
assetato
sfrontato mi prendo tutto il tempo
per ingannarmi da solo, dimenticarti
fingere che tu non esista
e stupirmi ancora di trovarti
in una nuova alba.

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Il tuo volo

Il tuo volo non è la fatica elegante
che ci si aspetta. Amiche avare
le correnti ti ingabbiano.
Nel tuo nome la sabbia
la notte e calmo un mare
ti lambisce i piedi soltanto.
Allunghi la mano, ma il Sole che vedi
– la luce buona –
è sempre troppo distante.

Malinconico risuona
nel giorno che finisce
il tuo canto.