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Il piccolo cielo di Debora

6 giugno 2003

Debora è una barista. È bionda, snella. Molto carina. Direi, anzi, proprio bella. Quello che colpisce di lei è una certa sbadata eleganza nei movimenti, nel modo in cui gira la testa, e i capelli lo sottolineano, nel modo in cui si ferma ad aspettare, o guarda chi le chiede una bevanda, nella curva piacevole della sua schiena, nel viso affilato, nei gesti rotondi e precisi delle mani, che tracciano linee sottili e rapide nell’aria, nella musica, nella notte.
Lavora nel giardino della discoteca, in una specie di gazebo di legno, quadrato e aperto su tre lati. Al centro troneggia la Babele delle bottiglie dei liquori e delle brocche per i succhi di frutta, i bicchieri di plastica, il ghiaccio, i cucchiai, gli shaker e le cannucce colorate, che lei maneggia con disinvoltura, con professionalità, con quel distacco tipico di chi può permettersi il pilota automatico, nella routine del lavoro, nel seriale riproporsi di cocktails e drinks, dolci e amari e azzurri e rossi e gialli e verdi. Chissà a cosa pensa? Ogni tanto muove le labbra a seguire le parole di una canzone che arriva e le piace.

Mi avvicino e ordino un Havana-Cola, poi mi appoggio al banco e lascio che le sue mani disegnino per me il bicchiere, il ghiaccio e tutto il resto. C’è sempre la musica, ed è quasi estate, e lei non sa che sono un po’ triste. Debora non sa quanto sia facile ferire una persona, anche con una sola parola, con uno sguardo, quanto sia facile fraintendere un gesto, anche il più sincero. Non lo sa, non stasera, con la musica che la avvolge, e il pilota automatico che guida i suoi gesti: bicchiere, ghiaccio, rum, coca-cola. Una mescolata rapida ed ecco pronto il mio drink. Me lo porge e mi sorride. Poi prende la tessera dalla mia mano, e con una pinzetta ci fa un forellino sopra, con i contorni di una stella. Un gesto meccanico, routine per lei, distaccato, quasi banale.
Poi la stellina di carta, spiccata dalla mia tessera, cade delicatamente sul bancone, che, ora me ne accorgo, è rivestito con un panno blu. È una striscia di cielo, e Debora mi ha appena ritagliato una stella cadente.
Vorrei esprimere un desiderio, a voce alta, per stupirla, per incontrare i suoi occhi e ringraziarla. Ma dicono che se non lo tengo segreto poi non si avvera, e comunque lei non lo sa. Non sa che mi ha appena regalato una poesia, un momento di serenità e di luce, di pace e di silenzio nella notte fasciata di musica e quasi soffocata di parole gridate e sudate.
Osservo ancora il panno blu, il piccolo cielo di Debora, e vedo quante altre stelle ci sono, quanti altri desideri questa ragazza così elegante e bella ha inconsapevolmente regalato a chissà quante altre persone. È così vicino, così a portata di mano. Così umana l’indifferenza che lo circonda, che non stupisce più di tanto il fatto che passi inosservato. C’è un cielo pieno di poesia qui, e nessuno lo nota, nessuno ride, nessuno si commuove. Posso essere l’unico, io, che se ne è accorto? Faccio per dire qualcosa, ma lei mi guarda e piega un po’ la testa di lato, e penso che è perfetto così, il momento, la magia, il piccolo incantesimo a cui ho avuto la fortuna di assistere.
Sorridendo la saluto, e mi allontano.
Porto il bicchiere alle labbra, e bevo un sorso. Il liquido fresco e forte mi riempie la bocca di sapori lontani, di ricordi di spiagge, vento nei capelli e mani e sguardi e parole sussurrate. La mia tristezza un po’ svanisce, e forse lascia un vuoto, ma c’è sempre la musica, ed è quasi estate.
Ancora una volta mi giro a guardarla. Ha in mano un’altra tessera, e la pinzetta…

Debora studia, ha quasi finito l’università, ma dice che si trova bene a fare questo lavoro, che tutto sommato non le pesa, e si guadagna dignitosamente. È ben vestita, anche se probabilmente ha scelto gli abiti più per la loro comodità che per altro, ai piedi porta dei sandali, e si muove con disinvoltura dietro il banco rivestito di panno blu.
Debora è una barista. È bionda, snella, e molto carina.
Distrattamente, e con una semplicità disarmante, continua a riempire il suo piccolo cielo di stelle di carta. Ma stasera, senza rendersene conto, mi ha regalato un sorriso.

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