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Musica

Play. Una piccola riflessione.

Spesso mi sono sentito e mi sento dire che, in inglese, per dire ‘suonare’ e ‘giocare’ si usa lo stesso verbo. E, sempre, questa affermazione è (stata) accompagnata da commenti positivi e quasi ammirati, che sottolineano la gioia e la spensieratezza con cui questo popolo si approccia alla musica. La lingua inglese non è l’unica a presentare questa caratteristica: mi vengono in mente il tedesco ed il francese, e chissà quante altre ce ne sono.
In italiano no. Noi siamo di tutt’altra pasta. Suonare è una cosa seria, giuocare è ben altro. A ben vedere, con la tradizione che abbiamo alle spalle, tra compositori, scuole, bel canto e chi più ne ha più ne metta, in Italia sono state scritte pagine importantissime della Storia della Musica, e quindi questa netta separazione, anche lessicale, ci sta.
Ma allora com’è che, proprio in Italia, la professione del musicista è praticamente inesistente? Perché quando dici che fai il musicista non ti prendono mai seriamente?

Una risposta su “Play. Una piccola riflessione.”

Perchè per gli italiani la musica non è una forma d’arte ma di intrattenimento, qualcosa di frivolo e passeggero, con cui non ci costruisci ponti e ospedali, nè ci mandi avanti un’azienda o ci sfami una famiglia (e questo purtroppo è vero).
In questo riveliamo tutta la nostra ipocrisia culturale, poichè linguisticamente ci teniamo a distinguere fra suonare e giocare ma, alla fin fine, riteniamo la musica alla pari col gioco invece che con l’arte.
All’estero, dove si usa un unico termine per indicare entrambe le cose, gioco e musica, invece questa distinzione non si fa, considerando anzi più facilmente artistico un videogame piuttosto che non giocosa un’opera d’arte.
Ciao Palka, mi ero dimenticato del tuo blog, vengo a mordicchiarlo un po’! :))

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